Da erbe ad acque magiche, 20% italiani in fuga da medicina ufficiale. ADNKronos Salute. 27 Giu 2013
Milano, 27 giu. (Adnkronos Salute)
Dalle erbe curative alle ‘acque magiche‘, passando per cataplasmi, coppette-ventosa, floriterapia, mode e rituali di ogni tipo.
Tra gli italiani spopolano rimedi antichi, cure etniche e terapie tradizionali, che riscuotono sempre più successo rischiando di allontanare i pazienti dalla medicina moderna.
“Mettendo insieme tutte le discipline cosiddette alternative, dall’omeopatia alla fitoterapia alla chiropratica, fino ad arrivare ad acque ‘miracolose’, pseudocure, bicarbonato, sostanze e pratiche più svariate, nel nostro Paese la quota di chi sceglie vie diverse dalla medicina ufficiale supera ormai il 20%“.
Più di un connazionale su 5, “con numeri aumentati negli anni e ancora crescita“.
A fotografare il trend è Gilberto Corbellini, professore di storia della medicina e docente di bioetica all’università Sapienza di Roma, che mette in guardia contro le insidie di quella che appare come una ‘fuga di massa’ dalla scienza ‘doc’: “I pericoli di questa deriva – avverte – sono enormi“.
Le radici di tali cambiamenti
Il successo di questo tipo di trattamenti affonda le radici nella storia e nei “cambiamenti che si sono verificati nell’epidemiologia delle malattie”. Questo è ciò che spiega l’esperto all’Adnkronos Salute.
Spesso si tratta infatti di “rimedi che esistevano e si sono diffusi prima dell’avvento della moderna medicina sperimentale, legati ad esempio a certe ‘teorie umorali’ avanzate per spiegare le patologie, o associati a credenze magico-religiose“.
Poi, a metà ‘800, la svolta. “Si dimostrò che le malattie infettive sono causate dai microrganismi e nacquero gli antibiotici.
Nello stesso tempo migliorarono le condizioni le condizioni igieniche e ambientali, e nel mondo occidentale le patologie infettive furono in larga parte eliminate. Ecco che crolla la mortalità infantile, si allunga l’aspettativa di vita e crescono le malattie cronico-degenerative”.
Un’epidemia contro cui “la ‘pallottola magica’ non si trova ancora, ed è qui che si insinua il rischio di un ritorno al passato“.
Un sentimento di sfiducia verso la medicina iper-tecnologica
A spingere i pazienti tra le braccia dei rimedi complementari o tradizionali, dunque, c’è innanzitutto un sentimento di sfiducia verso una medicina iper-tecnologica che comunque non può dare ogni risposta.
A pratiche vissute spesso come invasive o gravate da pesanti effetti collaterali, si contrappone la promessa di un approccio dolce e rispettoso che ‘calamita’ sempre più persone.
A questo, analizza ancora Corbellini, si aggiunge “la diffusione di correnti ‘controculturali’ proprio nelle fasce di popolazione più istruite, che abbracciano filosofie che per principio si oppongono all’idea scientifica di trattamento“. E il colpo finale arriva dalla “crisi sempre più profonda del rapporto medico-paziente, che già di per sé rappresenta una terapia“.
Le cure con le erbe
In Italia, poi, è particolarmente forte la tradizione che porta alle cure con le erbe.
“Un’indagine recente dell’Agenzia regionale della sanità Toscana mostra che oltre il 20-25% della popolazione si cura con piante ed erbe tradizionali.
Da impacchi a tisane, da cataplasmi a pomate e impiastri, moltissimi sono i connazionali fedeli a tradizioni locali o familiari, che la medicina classica ignora e che a volte potrebbero riservare sorprese“.
Questo è ciò che dice Fabio Firenzuoli, medico chirurgo, esperto in fitoterapia e fitovigilanza, del Centro di medicina integrativa, Azienda ospedaliero universitaria Careggi di Firenze.
Dalla ‘malva che da ogni male salva’ agli impacchi di camomilla, fino al gel delle foglie di aloe.
“Moltissimi coltivano in casa piante medicinali. Ma a volte la tradizione rischia di giocare brutti scherzi: è il caso di una coppia toscana, marito e moglie, che utilizzava il camedrio coltivato in giardino per curare le emorroidi. Ebbene, il consumo di questa pianta tossica li ha portati all’epatite“.
A fare la differenza, in questi casi, è la conoscenza.
“Oltre il 40% di chi usa le piante conosce le erbe o i prodotti naturali, e questo è un dato positivo, perché testimonia la radice nella tradizione popolare“.
Ma questo vuol dire che il 60% non le conosce.
“Il problema è che erbe e piante contengono attivi che possono rivelarsi tossici o interagire con farmaci tradizionali, modificandone la cinetica o annullandone l’efficacia“. Ecco perché con erbe e rimedi della tradizione popolare occorre cautela.
“Si tratta di un fenomeno che a mio parere andrebbe studiato, perché potrebbe rivelare pratiche utili per trattare piccoli o grandi disturbi.
Ma anche attentamente monitorato, perché il fai da te comporta rischi e questo settore ha un grande fascino. Pensiamo solo che in Italia sono registrati oltre 35 mila integratori a base di erbe, con un +5% annuo”.
Per chi non vuole rinunciare al rimedio della nonna o alla cura ‘verde’, “la raccomandazione è quella di seguire il consiglio di un esperto perché il fai da te è pericoloso quando c’è in ballo la salute. Mai comperare prodotti sul web o attraverso strani canali e occhio se si assumono farmaci” raccomanda Firenzuoli.
“Mai raccogliere erbe selvatiche lungo le strade o senza avere una conoscenza approfondita delle piante. E’ un po’ come andar per funghi senza conoscerli: scambiare prezzemolo con cicuta è molto comune“.
Ma perché farmaci e tecnologia sembrano non bastare più a chi soffre?
Il problema è che chi ha un problema di salute, più o meno grave, si aspetta dai medici tempo, ascolto e attenzione.
Un’empatia che non sempre si trova.
“E’ stato dimostrato – sottolinea Corbellini – che se un medico dedica al paziente meno di 15 minuti il suo assistito, indipendentemente dalla correttezza e dall’efficacia delle risposte che gli vengono date, esce dallo studio insoddisfatto sul piano psicologico.
E in caso di insuccesso diagnostico o terapeutico, ha molte più probabilità di fargli causa.
Al contrario, i medici che dedicano al paziente più di 18 minuti, che lo informano, gli parlano, che sono simpatici ed empatici, possono anche aver fatto non benissimo, ma il rischio di denuncia cade”.