Il fenomeno delle diete “da manuale” non è certo recente, ma tutti gli anni soprattutto in occasione dell’avvicinarsi della bella stagione, è un florilegio di presunti “nuovi” metodi e tecniche per perdere peso e (possibilmente, stando alle promesse) guadagnare salute.
Purtroppo, le cose non stanno (quasi mai) così.
Infatti un regime dietetico prima di essere adottato dai consumatori, dovrebbe essere messo al vaglio della comunità scientifica e considerato in tutti i suoi aspetti (inclusi rischi e benefici), con una gradazione della evidenza.
Ma gli interessi commerciali, la necessità di sviluppare nuovi prodotti alimentari in un mercato a torto considerato “maturo”, e l’esigenza editoriale di creare nuovi “casi” portano spesso il business a precedere la valutazione scientifica.
Un susseguirsi di diete
Negli ultimi anni se ne sono viste di diverse: dalla dieta iper-proteica Atkins, alla Dukan, alla Dieta a Zona, all’ultima arrivata, la cosiddetta tisanoreica.
Inoltre un regime dietetico dovrebbe essere rivolto all’individuo, non al mercato di massa. E qui c’è l’altro errore prospettico frequente della “formula magica” per tutti.
La dieta Dukan
Ora la dieta più popolare in Francia, la Dukan, e adottata anche da Kate Middleton, sta andando incontro a crescenti perplessità da parte dei medici, con il suo fondatore addirittura radiato dall’Ordine dei medici.
Sebbene infatti contenga buoni principi, come tutte le diete “terapeutiche” o per dimagrire, comporta una attenzione selettiva su aspetti alimentari che non sono consigliabili in tutti i soggetti.
Nessuna miracolistica formula universale allora. Oltre ad una difficoltà enorme dal punto di vista della complessità e dell’adozione (inclusi 100 alimenti, da differenziare durante le 4 fasi di attuazione), la dieta finisce per essere iper-proteica.
E non è pertanto raccomandabile se non a soggetti perfettamente sani, senza problemi renali o di altro tipo.
Inoltre, la dieta Dukan prevede una attenzione assai limitata all’attività fisica, relegata a 20 minuti al giorno.
Troppo poco. In più, nessun limite alle quantità da consumare, ma solo una attenzione alla qualità dei cibi.
In definitiva, un modello alimentare che se utile a perdere peso, lo fa senza possibilità di essere mantenuta nel lungo termine, con possibili danni ai reni.
La dieta Mediterranea
Il contrario della Dieta Mediterranea, che non è un regime forzato per dimagrire, ma un modello alimentare da mantenere e promuovere per tutta la vita, senza controindicazioni di sorta.
Proprio nei giorni scorsi a Roma, per ICDAM 8 (International Conference on Diet and Activity Methods), iniziativa targata Fao, la Dieta Mediterranea ha ricevuto nuove e numerose conferme.
E Coldiretti ha presentato un proprio lavoro, verificando come le varie metriche e metodologie per definire la DM convergano, e anche con banche dati diverse, finendo per riflettere un profilo simile dei principali paesi europei.
Insomma, la Dieta Mediterranea esiste, si può descrivere, contrariamente a quanto argomentato da alcuni detrattori (“Cosa è esattamente la Dieta Mediterranea?).
Lo studio del National Cancer Institute
Tra le conferme più interessanti poi in termini di salute pubblica, uno studio del National Cancer Institute Usa: la Dieta Mediterranea si configura come un potente strumento per la prevenzione dei rischi cardiovascolari, di cancro, e di mortalità in genere.
Conclusioni del tutto simili quelle apportate da una ricerca condotta in Svezia da un ricercatore italiano espatriato, Gianluca Tognon, che ha adattato la Dieta Mediterranea per tenere in considerazione le diverse abitudini alimentari dei paesi scandinavi.
Il concetto di dieta mediterranea va oltre i propri confini e dimostra i propri vantaggi anche al di fuori dell’area geografica dove é nata.
Calcolando un punteggio che misurasse l’aderenza ad uno schema alimentare di tipo mediterraneo (elevati consumi di frutta, verdura, cereali integrali, grassi insaturi e pesce oltre a bassi consumi di alimenti di origine animale) in tre studi di popolazione scandinavi , abbiamo trovato un’associazione diretta con la longevità, oltre che un’associazione inversa con il rischio di malattie cardiovascolari.
I risultati di altri studi
I risultati del primo di questi studi, basato su una popolazione di settantenni residenti nell’area di Göteborg (Svezia) sono stati pubblicati lo scorso anno sulla rivista scientifica “Age”.
Un’ altra pubblicazione, che descrive i risultati in una popolazione di Umeå (Svezia del nord) è stato accettata in questi giorni e verrà presto pubblicata dalla rivista scientifica “Journal of Nutrition”.
Risultati simili, ma ancora preliminari, sono stati ottenuti anche in uno studio di popolazione danese.
Infine, nello studio internazionale “Idefics” che ha coinvolto otto paesi europei tra cui l’Italia, uno schema alimentare di tipo mediterraneo risulta essere inversamente associato al sovrappeso, nonché all’aumento di peso in bambini campionati fra i 2 e i 9 anni.
Anche se non si basa su un campione rappresentativo, é importante sottolineare che Idefics ha rivelato che i bambini italiani (residenti nella provincia di Avellino e campionati dal CNR) si caratterizzano per avere il tasso di sovrappeso e obesità piú alto rispetto ai bambini degli altri paesi partecipanti (Svezia, Germania, Belgio, Ungheria, Estonia, Spagna e Cipro).
Insomma, la chiave della salute sta nell’equilibrio, oltre che negli alimenti chiave della dieta mediterranea.
Olio extravergine di oliva, moderate quantità di vino rosso (pari al bicchiere a pasto), cereali meglio se integrali, frutta e verdura in abbondanza, e pesce, con un ruolo più controllato di altri alimenti, che però non vanno affatto banditi ma semmai meglio regolati e con una migliore qualità complessiva.
(www.ilpuntocoldiretti.it)