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Aspetti emotivi e relazionali della nutrizione dalla gravidanza alla terza età

Feto

A partire dagli anni cinquanta, numerosi studi hanno analizzato i processi di interazione madre – bambino in fase prenatale e hanno portato alla luce un mondo assolutamente ricco e dinamico.

Ad oggi sappiamo che il feto è in grado di memorizzare, di provare emozioni e stabilire relazioni affettive durevoli nel tempo e che la comunicazione che si instaura con la madre è fondamentale per la costruzione dei legami di attaccamento e per il successivo sviluppo di tutti gli schemi emotivi, motori e cognitivi.

La gravidanza dona alla gestante e al feto la possibilità di ascoltarsi e di sintonizzarsi in un dialogo intimo, viscerale e fusionale.

L’utero materno è il primo ambiente con il quale il nascituro entra in contatto, un microcosmo pregno di stimoli di diversa natura.

Già nelle prime fasi di sviluppo, grazie ai suoi organi di senso, il feto si nutre di tutto ciò che la madre gli offre: cibo, contenimento, protezione, emozioni e sensazioni corporee.

Il regime alimentare della madre influisce sulla composizione del liquido amniotico e offre al feto stimoli gustativi e olfattivi.

Queste prime esperienze sensoriali restano impresse nella memoria e permettono al neonato di riconoscere la madre anche dall’odore e dal sapore del latte.

Questo passaggio risulta fondamentale non solo per motivi fisiologici, ma anche perché dona al nascituro la possibilità di rassicurarsi e di ritrovare i suoi punti di riferimento dopo il parto.

La memoria gustativa e in parte anche quella olfattiva possono, inoltre, determinare le esperienze successive che il bambino farà con il cibo e quindi condizionare le sue preferenze.

I ricercatori concordano sul fatto che le papille gustative dei feti sono geneticamente programmate e specifiche per ogni bambino, ma che l’alimentazione materna svolge un ruolo essenziale nella costruzione del gusto del nascituro.

Per la donna incinta il bambino che aspetta è parte di sé, del suo corpo e della sua mente.

Prendendosi cura di se stessa, la mamma automaticamente nutre anche il suo bambino, sia fisicamente che emotivamente.

Questa condizione potrebbe innescare nella donna emozioni, aspettative e desideri contrastanti, caratterizzati dall’alternanza di valori positivi e sentimenti di inadeguatezza e scarsa fiducia nelle proprie risorse.

In effetti nei nove mesi della gravidanza la donna è emotivamente più labile, perché vive una condizione di grande trasformazione.

In questa altalena emotiva che vede la mamma proiettata tra una regressione e una progressione verso il futuro, il controllo ossessivo dello stato di salute del feto e l’eccessiva medicalizzazione della gravidanza nascondono spesso un bisogno profondo di contenimento e di punti di riferimento.

Per alcune gravide ascoltarsi e accettarsi, fidarsi del proprio corpo e della propria relazione con il bambino è un compito particolarmente difficile ed è per questo che, spesso, spostano più o meno consapevolmente tutte le loro energie sull’eccessivo controllo del cibo e degli aspetti medici.

Gli studi dimostrano che il bambino in utero percepisce tutte le emozioni della madre e ne registra pensieri, sentimenti e il modo in cui la stessa percepisce l’ambiente.

In questo modo il feto si predispone ad adattarsi alle esigenze ambientali ancor prima della nascita.

È fondamentale dunque che la donna incinta si ponga in una condizione di ascolto e di accettazione delle proprie emozioni, affinché possa mantenere una buona sintonizzazione con se stessa e con il nascituro.

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