Nella pratica clinica il concetto di sovrappeso e/o obesità può essere ottenuto attraverso il semplice calcolo dell’ Indice di Massa Corporea (IMC) o Body Mass Index (BMI), ottenuto dal rapporto tra il peso in kg e la statura in metri al quadrato:
IMC o BMI = kg/m2</
Nell’adulto i valori superiori a 25 e 30 kg/m2 esprimono rispettivamente la situazione di sovrappeso ed obesità.
Il valore del BMI dimostra una sufficiente correlazione con il grasso corporeo e risulta pressochè indipendente dall’altezza e correla bene con il peso. La correlazione del BMI con il contenuto di grasso corporeo è buona (variando da 0,6 a 0,8 secondo l’età).
L’errore della predizione della percentuale corporea di grasso (3-5%) è simile a quella osservata con la misura delle pliche cutanee o dell’impedenza corporea.
Anche in età pediatrica il calcolo del BMI può essere un indice semplice e affidabile di adiposità.
Superato il BMI limite riportato in tabella 2, il soggetto sarà sovrappeso (> 85° centile) od obeso (> 95° centile). Un ulteriore parametro quantitativo dell’entità dell’eccesso ponderale, è rappresentato dalla deviazione percentuale del peso corretto per la statura.
Tale calcolo, frequentemente impiegato in ambito pediatrico, si esegue sulle tavole dei centili del peso e della statura (http://www.cdc. gov/growthcharts), così da definire le seguenti classi di peso:
- 90-110% normopeso
- 111-120% sovrappeso
- > 120% obesità
- > 150% obesità di grado elevato o “superobesi”.
Obesità: quali i periodi a rischio
Sono almeno 3 periodi a rischio per obesità: primo anno di vita, tra i 4 ed i 6 anni, il periodo puberale.
Tre sono anche i periodi di iperplasia degli adipociti.
Il tessuto adiposo può aumentare per iperplasia o per ipertrofia oppure per entrambi i fattori. La prima intensa moltiplicazione cellulare si verifica negli ultimi mesi di vita intrauterina, cosicché alla nascita il neonato possiede circa 5 miliardi di adipociti (10-15% della massa corporea totale).
Il neonato con peso elevato per l’età gestazionale è più a rischio di obesità e diabete nelle età successive.
Comunque il primo periodo a rischio per obesità è il primo anno di vita, durante il quale il numero degli adipociti resta stabile, mentre ne aumenta il volume; cosicché la percentuale di tessuto adiposo sale al 25-30% della massa corporea totale alla fine del primo anno.
L’accrescimento volumetrico è tale che a quest’età le dimensioni degli adipociti raggiungono già i valori dell’adulto.
In questa epoca della vita sono da evitare eccessivi apporti in proteine e carboidrati rispetto ai reali fabbisogni.
Dai due anni fino alla pubertà (secondo periodo di iperplasia), il tessuto adiposo si espande progressivamente per un lento aumento numerico degli adipociti (fino a 15 miliardi in età prepuberale).
In particolare, tra 4 e 6 anni (secondo periodo a rischio per obesità), l’alimentazione errata (in particolare l’eccessivo intake proteico), la sedentarietà e l’influenza dell’ambiente, possono portare ad una anticipazione dell’adiposity rebound, che di solito avviene a 6 anni.
Questo sembra associato all’insorgenza di obesità nelle età successive. Se nel breve periodo, l’eccessivo apporto di proteine animali comporta un sovraccarico renale, a lungo termine si hanno elevati livelli ematici di IGF-1, iperplasia del tessuto adiposo e aumento della differenziazione dei preadipociti in adipociti.
Il periodo puberale coincide con il terzo periodo di iperplasia ed il terzo periodo a rischio per obesità: gli adipociti raggiungono il numero totale fra 20 e 40 miliardi.
L’obesità del bambino è caratterizzata certamente da un’ipertrofia cellulare, ma soprattutto da un aumento delle cellule: nel soggetto obeso post-pubere il numero medio delle cellule adipose supera i 70 miliardi.
Il periodo fetale, i primi due anni di vita e l’adolescenza sono dunque i periodi maggiormente a rischio per lo sviluppo di un’eventuale futura obesità, in quanto una volta verificatasi l’iperplasia, non è poi possibile sopprimere lo “stimolo della fame” prodotto da tali cellule.
In conclusione, le cellule adipose sono immortali o meglio muoiono, ma subito vengono rimpiazzate da altre dello stesso tipo (10% ogni anno).
La differenza del numero di cellule di grasso tra le persone obese e magre si stabilisce durante l’infanzia e rimane tale per tutta la vita!
Esistono più forme di obesità?
Esistono due tipi fondamentali di obesità infantile:
- un’obesità secondaria (5% dei casi) a cause organiche ben identificabili che possono essere di natura endocrina, genetico-malformativa, iatrogena, neurologica, neoplastica. L’obesità può anche rappresentare la manifestazione più evidente di una malattia organica di base quali l’ipersecrezione di cortisolo, ipotiroidismo, iperinsulismo, alterazioni diencefaliche.
- L’obesità secondaria si associa sempre a ritardo di crescita e ipostaturalità, a ritardo mentale nelle forme genetico-malformative e ad altri sintomi specifici secondo l’eziologia.
Un’obesità non attribuibile a cause patologiche (95% dei casi) è detta primitiva o essenziale e si associa a statura media o elevata, accelerata maturazione ossea e sessuale e ad uno sviluppo psichico regolare.
Il bambino obeso:
Esame obiettivo e iter diagnostico.
L’esame obiettivo del bambino sovrappeso/obeso deve indagare circa la familiarità per obesità, dislipidemie, diabete, malattie cardiovascolari.
Inoltre devono essere considerate l’età e le modalità di insorgenza di tale patologia, ricostruire una curva di crescita staturo-ponderale, indagare circa le abitudini alimentari, eventuale storia mestruale, livello socio-economico della famiglia, valutazione di problematiche psicologiche-relazionali in ambito familiare e/o scolastico.
Devono essere ovviamente rilevati peso e statura, ma anche pressione arteriosa, stadio puberale, presenza di irsutismo o altri segni di iperattività androgenica, volume testicolare, sviluppo psichico, la presenza o meno di dismorfismi facciali e anomalie delle mani e dei piedi.
Per una valutazione più approfondita possono essere impiegate metodiche non invasive, quali plicometria cutanea, impedenziometria e studio delle circonferenze corporee.
Alcune indagini ematochimiche e strumentali devono essere richieste in presenza di obesità essenziale, mentre nel sospetto di obesità secondaria possono essere aggiunte altre indagini.
I principali errori alimentari nutrizionali rilevati comunemente in diversi studi effettuati “sul campo” sono di seguito riportati.
La prima colazione è di frequente frettolosa, ridotta o “dimenticata”.
Lo spuntino del mattino è, di conseguenza, ipercalorico.
Il latte è spesso precocemente abolito e sostituito da 25 bevande gassate e zuccherate (che determinano una ridotta assunzione di calcio e aumento della quota di fosforo assunto con la dieta).
- È frequente un consumo eccessivo di proteine animali, grassi saturi e sodio, mentre si registrano carenze di carboidrati complessi (amidi), fibra alimentare, calcio, ferro, zinco e ac. folico.
- Il pranzo è spesso incompleto e veloce.
- La merenda del pomeriggio, carente di latte o yogurt o frutta, è basata su cibi industriali (snack dolci o salati) o carboidrati ad alto indice glicemico (pane, patate, succhi di frutta, dolciumi).
- La cena (molto spesso l’unico momento di “aggregazione familiare”), tende ad essere il pasto principale della giornata, spesso ipercalorico e carente comunque di verdure e frutta.
- La tendenza è di ridurre il numero dei pasti assunti negli orari canonici al domicilio e di ingerire più “pasti-snack”, consumati senza soluzione di continuità durante la giornata a scuola, al lavoro o nei locali pubblici.
- La diffusione nelle scuole di distributori automatici di alimenti ad alto contenuto di grassi e di zuccheri semplici e di bibite analcoliche dolci, non facilita il corretto comportamento alimentare.
- Infine è pressante il ruolo dei mass media, i soli a fare educazione alimentare, quasi mai obbiettiva.
Quale dieta in età evolutiva?
Una corretta alimentazione, valida anche per l’età infantile, prevede che il 12-15% delle calorie sia fornito dalle proteine, il 25-30% circa dai lipidi e il 55-60% circa dai carboidrati.
La percentuale dei lipidi dovrebbe essere suddivisa in: 10% acidi grassi saturi, 7-8% polinsaturi e 12-13% monoinsaturi. L’apporto di colesterolo non deve superare i 100 mg/1000 kcal.
Il calo ponderale deve risultare lento ma progressivo e la dieta deve essere ipocalorica bilanciata in termini di macronutrienti (proteine, carboidrati, lipidi) e contenere in quantità adeguata minerali e vitamine. In genere è consigliato ridurre del 30% gli apporti calorici calcolati per l’età e sesso.
La distribuzione dei pasti deve avvenire in 5 appuntamenti con il cibo, così suddivisi: 15% di calorie a colazione, due piccoli snacks che apportino un 10 % di energia, 40% a pranzo, 35 % a cena.
Comunque il tipo di trattamento dipenderà dal grado di obesità, dall’età, dalla presenza di complicanze, dalla volontà del bambino e della famiglia di cambiare.