Evita la parola obesità: è un “timbro” che il tuo bambino non merita.
Sovrappeso al quadrato. Per alcuni bambini e adolescenti con obesità, le discussioni sul peso possono essere difficili ed emotivamente sconvolgenti.
Attenzione quindi a non esprimere o giudicare attraverso comportamenti e/o parole stigmatizzanti che possono influenzare negativamente l’umore e invalidare tutto il programma dietoterapico che si cerca di intraprendere con il bambino e con il suo nucleo familiare.
Esistono differenze nelle percezioni dei giovani in base al sesso, all’orientamento sessuale e allo stato di peso, perché il peso è inevitabilmente connesso con altri aspetti importanti dell’identità, della cultura, dello sviluppo e della socializzazione.
Usare termini come “grasso” ed “estremamente obeso” provoca sentimenti di imbarazzo, vergogna e tristezza.
C’è ancora molto lavoro da fare per riconoscere meglio queste “intersezioni” emozionali.
Sono necessarie ulteriori ricerche per descrivere le esperienze dei genitori con la terminologia del peso, la vittimizzazione e l’emarginazione basate sul peso e l’impatto generazionale sui loro figli e su come i genitori parlano ai loro figli.
Termini medicalizzati, come obesità, possono innescare sentimenti di giudizio e perpetuare pregiudizi e stigma legati al peso.
Quando i bambini e le famiglie si sentono giudicati in uno spazio medico, è meno probabile che ritornino o cerchino cure per tutte le condizioni mediche, comprese quelle legate al peso.
Invece, se gli operatori sanitari cercano di capire come i bambini e gli adolescenti vogliono parlare del proprio corpo e delle proprie condizioni di salute, aiuta a costruire un rapporto più fiducioso, a ridurre la distorsione e lo stigma del peso durante gli appuntamenti medici e a sostenere la guida genitoriale.
È per questo che nel trattamento dietoterapico della pitzaliseatingdiet del Dott. Giorgio Pitzalis, ideatore del sito www.giustopeso.it, si esprimono soltanto due categorie di eccesso ponderale:
- il sovrappeso vero (110-120% del peso corretto per la statura)
- e il sovrappeso al quadrato (oltre il 120%)
E questo soprattutto perché l’eccesso ponderale non è stato certo richiesto o causato dal bambino!
Considera quanto segue, quando parli di peso in ambito clinico o ospedaliero:
- Chiedi il permesso di affrontare l’argomento, ad esempio “Va bene se parliamo del tuo peso?”
- Se la risposta è “no”, vai avanti, ad esempio “Ok. Capisco che non vuoi parlarne ora. Di cosa vorresti discutere oggi?” Incoraggia i genitori a fare lo stesso.
- Riconoscere che la malattia dell’obesità e l’uso dei termini “obeso” o “obesità” possono indurre vergogna e spesso portare connotazioni sociali negative.
- Chiedere input al bambino o all’adolescente, ad esempio: “Quando parliamo di peso, quali termini vorresti che evitassi di usare? Quando sei a casa, quali termini preferiresti che usassero i tuoi genitori?”
Utilizzare tali metodi non significa ignorare i rischi per la salute associati all’obesità.
Né impedisce discussioni sui modi per apportare modifiche alla nutrizione o all’attività fisica. Invece, adottare un approccio alla comunicazione incentrato sul paziente è un’opportunità per capire prima il paziente prima di “fargli capire” te stesso.
Inoltre è anche importante che nella cura dei bambini e degli adolescenti, i nostri messaggi siano trasmessi in modo appropriato alla loro età e al loro stadio di sviluppo.
- Possiamo cambiare il modo in cui i bambini, gli adolescenti e le loro famiglie si sentono riguardo all’accesso ponderale.
- Possiamo aiutare genitori e tutori a trovare le parole per parlare di peso.
- Abbiamo il potenziale per creare spazi in cui i bambini e gli adolescenti si sentano rispettati, incoraggiati e inclusi quando cerchiamo prima di capire le loro percezioni e preferenze.