Microbioma, ambiente e obesità

microbioma

A cura del Prof. Giorgio Pitzalis


Il microbiota intestinale è costituito da trilioni di microrganismi, con una quantità di geni oltre 100 volte superiore rispetto al genoma umano. 

Questi microrganismi che risiedono nel tratto gastrointestinale, principalmente nel colon distale, sono di grande importanza nel mantenimento dell’omeostasi del metabolismo dell’ospite.


Il microbiota umano si sviluppa dalla nascita fino a circa due anni di età ed è relativamente stabile dopo 31 mesi di vita. 

Durante la nascita, il neonato è esposto a diversi tipi di batteri, a seconda di fattori quali il tipo, la durata del parto e l’ossigenazione. 

L’entità dell’influenza di questi fattori sul microbiota è ancora controversa in letteratura. 

Dopo la nascita, la crescita del microbiota intestinale continua e, dopo circa 31 mesi di età, il microbiota è simile a quello dell’adulto ed è unico per ogni individuo. 

Il microbiota dipende da fattori quali tipo:

  • dieta
  • presenza e durata dell’allattamento materno
  • uso di antibiotici
  • attività fisica
  • igiene
  • qualità del sonno e stress. 


Il genoma dell’ospite è essenziale per controllare la composizione del microbiota intestinale, ma anche fattori esterni possono contribuire ad alterare le popolazioni di microrganismi intestinali.

Il Consorzio del Progetto Microbioma Umano ha rivelato che i microrganismi presenti più frequentemente nel microbiota umano sono Bacteroidetes, Firmicutes e Proteobacteria. 


Il microbiota degli individui magri e degli individui con obesità mostra principalmente la presenza dei phyla Bacteroidetes (23%) e Firmicutes (64%). 

Nonostante l’importanza di Firmicutes e Bacteroidetes, gli studi non sono stati coerenti per quanto riguarda il rapporto tra le quantità dei due phyla e il rischio metabolico. 

L’obesità è stata associata più a una riduzione della diversità dei microrganismi (minore varietà di carica genetica) che alla quantità di ciascuna specie.

Gli studi hanno dimostrato che gli individui con un numero inferiore di geni di microrganismi hanno anche un rischio maggiore di resistenza all’insulina, alte concentrazioni di leptina, acidi grassi liberi e trigliceridi, oltre a un maggiore profilo proinfiammatorio.

Uno dei meccanismi d’azione del microbiota nel controllo metabolico avviene attraverso la fermentazione delle fibre alimentari non digeribili, producendo acidi grassi a catena corta (SCFA), responsabili fino al 10% del fabbisogno energetico giornaliero.

L’SCFA stimola la secrezione del peptide-1 simile al glucagone (GLP-1) e la concentrazione totale di SCFA, propionato e acetato è inversamente proporzionale alla resistenza all’insulina.

Un altro meccanismo d’azione è mediato dalla ridotta attività del fattore adiposo indotto dal digiuno (FIAF). 

Questo fattore inibisce la lipoproteina lipasi (LPL) ed è prodotto dall’intestino, dal fegato e dal tessuto adiposo. 


Il microbiota intestinale sopprime la FIAF nell’ileo e aumenta l’attività LPL e, quindi, aumenta l’assorbimento cellulare degli acidi grassi liberi e lo stoccaggio dei trigliceridi negli adipociti.

Il microbiota è importante anche nel metabolismo degli acidi biliari. 

Il cambiamento nella popolazione dei microrganismi intestinali impedisce la conversione degli acidi biliari primari, con conseguente loro accumulo e riduzione degli acidi biliari secondari.

Un altro ruolo importante è il rafforzamento della barriera della mucosa intestinale. 
La lesione di questa barriera è associata ad un aumento del rischio di infezione, infiammazione di basso grado e aumento dello stress ossidativo.

In conclusione, la crescente prevalenza dell’obesità nella fascia di età pediatrica ha contribuito all’aumento del carico globale di malattie croniche come l’obesità negli adulti, i problemi di salute mentale, il diabete, le malattie cardiovascolari e il cancro.

L’eziologia della malattia è complessa e multifattoriale ed è stata in gran parte spiegata dall’interazione di fattori genetici, comportamenti di stile di vita ed esposizioni ambientali. 


È noto inoltre che la formazione delle abitudini alimentari nell’infanzia ha un effetto prolungato e, pertanto, la preferenza per un consumo esagerato di alimenti ultra-processati è motivo di preoccupazione, soprattutto in questa fascia di età. 

Oltre al loro elevato contenuto calorico di carboidrati e grassi poco salutari, contengono sale e/o numerosi additivi chimici, che li rendono appetibili e iperappetibili, favorendone un consumo eccessivo e distratto.

Vi sono inoltre prove crescenti riguardo agli aspetti epigenetici nei primi anni di vita, come la vita intrauterina e i primi due anni di vita, che possono definire la traiettoria della salute o di malattie come l’obesità. 

Pertanto, attualmente, alla luce delle nuove conoscenze, il ruolo esclusivo del Pediatra di Famiglia (www.ilpediatradifamiglia.it) nella prevenzione/trattamento dell’obesità infantile è fondamentale relativamente ai consigli nutrizionali, nonché al contrasto alla sedentarietà e incentivando la pratica regolare dell’attività fisica.

Fonte
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9510906/

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