Gli alimenti ultra-processati non aiutano il benessere dei bambini e non solo.
La trasformazione alimentare è stata indicata come un fattore in grado di incidere negativamente sul sistema alimentare globale, compreso il profilo delle diete dei consumatori.
Negli ultimi decenni, abbiamo assistito ad un aumento della diffusione e del consumo di UPF (alimenti ultra-processati) sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo.
Quasi la metà dell’apporto energetico giornaliero dei 7073 partecipanti proveniva da UPF e questa tendenza è diminuita progressivamente con l’età.
Gli UPF contribuiscono per oltre il 50% all’assunzione giornaliera di grassi totali e saturi, di carboidrati e a circa il 70% dell’assunzione di zuccheri nei bambini e negli adolescenti.
Nella popolazione del nostro studio abbiamo scoperto che la percentuale del contributo energetico giornaliero derivante dagli UPF variava dal 43% in Spagna e Cipro al 49% in Belgio.
È interessante notare che i nostri dati forniscono uno scenario abbastanza diverso rispetto a quello riportato da Monteiro et al. (2018).
Secondo lo studio di Monteiro, la disponibilità media delle famiglie di alimenti ultraprocessati variava dal 10,2% in Portogallo e dal 13,4% in Italia al 46,2% in Germania e al 50,4% nel Regno Unito.
Nella nostra popolazione è stato osservato un modello più omogeneo, con bambini e adolescenti che ottengono circa il 50% delle calorie giornaliere abituali dagli UPF e gli adulti circa il 40%.
Si possono avanzare diverse ipotesi per spiegare le differenze.
Innanzitutto, i dati analizzati da Monteiro e colleghi sono stati raccolti in media venti anni fa e potrebbero non riflettere più i cambiamenti alimentari avvenuti di recente in alcuni paesi, in particolare quelli dell’Europa meridionale. In secondo luogo, i dati raccolti dalle indagini sulle famiglie sono per definizione diversi dai dati a livello individuale come quelli analizzati nel presente studio.
Una scoperta interessante del presente documento è che il consumo di UPF diminuisce con l’età e non varia con i livelli di istruzione e di reddito.
L’assenza di differenze tra gli strati socio-economici indica come il consumo di UPF abbia raggiunto tutte le classi di popolazione.
Ciò segna un importante cambiamento nei modelli alimentari dell’intera popolazione europea, tradizionalmente caratterizzati dal consumo di cibi sani e fatti in casa, e li avvicina sempre più ai modelli alimentari associati agli Stati Uniti.
L’aumento del consumo di UPF è accompagnato da una riduzione della qualità della dieta.
I risultati hanno mostrato che il consumo di UPF è caratterizzato da un elevato apporto giornaliero abituale di grassi totali, grassi saturi e carboidrati.
L’assunzione di fibre non ha raggiunto l’apporto adeguato in tutte le fasce d’età nei diversi paesi.
Questi cambiamenti sembrano essere responsabili dell’aumento delle malattie croniche legate all’alimentazione e di alcune forme di cancro nei paesi sviluppati.
Nello specifico, studi precedenti hanno confermato un’associazione positiva tra il consumo di UPF e l’obesità.
In conclusione, il presente studio ha dimostrato che la maggior parte dell’apporto energetico giornaliero dei consumatori europei proviene da UPF e che un aumento del consumo di UPF è associato a modelli alimentari non salutari caratterizzati da un elevato consumo di zuccheri e un basso consumo di proteine e fibre.
Considerata la pervasività degli alimenti ultra-processati tra i diversi strati socio-economici, questi dati confermano la necessità di politiche volte a migliorare la qualità degli alimenti e a rendere più facile per i consumatori, soprattutto bambini e adolescenti, l’accesso a cibi e bevande più sani.
Fonte: https://www.nmcd-journal.com/article/S0939-4753(21)00340-9/fulltext