L’ingestione di glutine fa si che le difese immunitarie reagiscano nei suoi confronti
L’ingestione di glutine fa si che le difese immunitarie reagiscano nei suoi confronti, contrastandolo e provocando di conseguenza un processo infiammatorio che interessa l’apparato digerente e altre zone dell’organismo.
Tutto ciò può provocare:
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- dolore addominale;
- gonfiore;
- stanchezza;
- diarrea
Può essere comunque un problema transitorio, destinato a risolversi spontaneamente, seguendo una dieta priva di glutine.
Il limite nella identificazione reale di questa condizione è correlato al possibile “overlap diagnostico” con condizioni cliniche quali la celiachia, le allergie alimentari, la sindrome del colon irritabile e/o sindromi psicosomatiche.
E’ pertanto necessario provvedere ad una diagnosi completa del disturbo, eseguendo degli esami specifici, costituiti da Prick-test, Rast-test o altro per escludere allergie o intolleranze (ad esempio al lattosio).
Per tutti questi buoni motivi, attenzione a non eliminare, senza controllo medico, pane e pasta dall’alimentazione di tutti i giorni.
Alcuni ricercatori hanno messo in dubbio la NCGS, attribuendo gran parte dei sintomi presenti in questi pazienti al ruolo dei FODMAPs (fermentable oligo- di- e monosaccharides and polyols) contenuti nella dieta.
Si tratta di carboidrati a corta catena poco assorbibili che causano distensione del lume intestinale. Le fonti più comuni sono:
- il grano;
- i cereali (ricchi di fruttani);
- il latte;
- i legumi;
- il miele;
- la frutta (ciliegia, melone, mango, pera);
- gli ortaggi (cicoria, barbabietola, finocchi, porri)
In questa coorte di pazienti, il ruolo dei FODMAPs è stato dimostrato attraverso un challenge in doppio cieco e dopo avere escluso qualunque forma di allergia IgE-mediata.
Infine, non sembra secondario nella patogenesi di questa sindrome il ruolo di alcuni additivi alimentari come glutammato, benzoato, solfiti e nitrati che vengono aggiunti a molti prodotti commerciali per varie ragioni (per esaltare il gusto, colore e come conservanti).
La NCGS non correla con l’aplotipo HLA-DQ2 e DQ8 della celiachia, sebbene questo tipo di HLA sia presente nel 46% dei soggetti. Questa percentuale è tuttavia comparabile a quella della popolazione generale (30%), ma di gran lunga inferiore ai soggetti celiaci (99% dei casi).
In conclusione, il clinico deve avere la capacità di guidare il paziente attraverso un adeguato approccio diagnostico considerando la variabilità di una sintomatologia clinica spesso di difficile definizione sul piano oggettivo.
La pratica del “senza glutine” non deve essere implementata in assenza di oggettive valutazioni sul piano diagnostico.