Il rapido aumento delle malattie metaboliche, avvenuto negli ultimi tre decenni sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, è stato collegato all’aumento del consumo di zuccheri aggiunti e del consumo di bevande zuccherate. Evitarli, significa voler bene alla tua pelle.
Un argomento emergente nella patogenesi delle malattie metaboliche legate alla nutrizione moderna è il ruolo degli Advanced Glycation Endproducts (AGE).
Gli AGE possono essere ingeriti con alimenti trasformati ad alta temperatura (es. fritture), ma anche formati endogeni a seguito di un’elevata assunzione di zucchero nella dieta.
In effetti, gli AGE derivati dalla dieta hanno dimostrato di interferire con molte funzioni cellulari come la sintesi lipidica, l’infiammazione, le difese antiossidanti e il metabolismo mitocondriale.
Inoltre, prove emergenti anche nell’uomo suggeriscono che questo impatto degli AGE dietetici su diverse vie di segnalazione può contribuire all’insorgenza di danni agli organi nel fegato, nei muscoli scheletrici e cardiaci e nel cervello, influenzando non solo il controllo metabolico, ma la salute globale.
Negli ultimi quarant’anni sono state osservate modifiche significative della composizione della dieta umana, nonché della frequenza e dei tempi di assunzione di energia e nutrienti, che rappresentano potenziali fattori di rischio per lo sviluppo di malattie metaboliche.
È stato descritto un aumento dell’apporto energetico giornaliero di 505 kcal, corrispondente al 25%, dal 1970 al 2010, ed è stato stimato un aumento del consumo pro capite di alimenti da 5 kg a 70 kg all’anno dal 1800 al 2006.
Sulla base di queste osservazioni, le attuali Linee guida per le raccomandazioni nutrizionali e sulla salute suggeriscono che una dieta sana deve fornire non più del 5% dell’apporto energetico totale come zuccheri semplici.
Al contrario, attualmente, il 13% della popolazione americana consuma oltre il 25% dell’apporto energetico giornaliero in zucchero. M Aragno, R Mastrocola Dietary Sugars and Endogenous Formation of Advanced Glycation Endproducts: Emerging Mechanisms of Disease. Nutrients. 2017 Apr; 9(4): 385.
Gli anni passano e molti credono che, inevitabilmente, le rughe devono essere presenti in misura sempre maggiore.
Non è vero: la genetica influisce solo per il 20-30% sulla precocità dell’invecchiamento.
Diversi sono i fattori che accelerano questo fenomeno:
- eccessive esposizioni al sole
- fumo di sigaretta
- stress
- sedentarietà
- ma, soprattutto una alimentazione scorretta.
Al di sotto della nostra pelle è presente il derma, una sorta di reticolo di fibre che costituisce la struttura portante della nostra pelle, rappresentata essenzialmente dal collagene.
Il collagene è la proteina più abbondante del corpo umano.
Ma attenzione:
il collagene ha un grande nemico, la glicazione.
La glicazione è una reazione chimica non enzimatica nella quale molecole di zucchero reagiscono – nel sangue, fuori e dentro le cellule – con proteine, dando luogo alla formazione di glicoproteine deformate e mal funzionanti (reazione di Maillard). In pratica un eccessivo introito alimentare di zuccheri (glicemia oltre 120 mg/dl), impedisce l’entrata dello zucchero nelle cellule e viene trattenuto sia dall’emoglobina glicata (HbA1c) che dal collagene.
Il processo di glicazione determina la formazione dei prodotti avanzati della glicazione (AGE, advanced glication endproducts).
La conseguenza è l’alterazione morfo-funzionale del connettivo e quindi la degenerazione estetica e funzionale, che determina comparsa di rughe, rallentamento del tempo di guarigione delle ferite, perdita di elasticità dei tessuti, disorganizzazione delle macromolecole, perdita di matrice extracellulare.
I prodotti della reazione di Maillard, oltre a derivare da prodotti glicosilati, si formano anche a partire da intermedi di derivazione lipidica, da cui poi si generano i prodotti avanzati di lipossidazione (ALEs).
In pratica gli AGE sono molecole molto invecchianti perché aumentano, anche di 50 volte, la formazione di radicali liberi, molecole altamente nocive per le cellule stesse.
La dislipidemia, fenomeno molto frequente, costituisce pertanto una ulteriore importante fonte di alterazione proteica.
Gli AGE si legano a particolari recettori sulla membrana cellulare, RAGE (receptor for age), inducendo stress ossidativo e promuovendo il processo di infiammazione.
La dieta, e in particolare la modalità di cottura, può essere un’ulteriore significativa sorgente ambientale di AGE.
La quantità di AGE presenti nei cibi dipende dalle temperature di cottura, dal tempo di cottura, dalla presenza di vapore.
La cottura a fuoco vivo (225 °C) e la frittura (177 °C) determinano la formazione della maggior quantità di AGEs, seguite dalla cottura arrosto (177 °C) e dalla bollitura (100 °C) Goldberg T et al. Advanced glycoxidation end products in commonly consumed foods. J Am Diet Assoc 2004; 104(8):1287-1291.
La limitazione di alimenti ad alto contenuto di zucchero e di carboidrati raffinati e il controllo della quantità giornaliera di carboidrati assunti permettono un migliore controllo della glicemia, della secrezione di insulina, e una protezione dall’incremento della insulino-resistenza.
Il controllo dei fenomeni di iperglicemia permette inoltre di contenere la produzione di radicali liberi.
Al contrario, l’eccessiva assunzione calorica e l’adiposità causano infiammazione sistemica e la restrizione calorica senza malnutrizione determina potenti effetti antinfiammatori.
Quando si accumula grasso e gli adipociti aumentano di volume, il tessuto adiposo va incontro ad alterazioni molecolari e cellulari, aumentano la PCR plasmatica mentre la concentrazione sierica di AGE può essere ridotta dalla restrizione calorica.
In generale l’obiettivo principale del trattamento dietetico è quello di aumentare il numero dei recettori e la sensibilità all’insulina.
La resistenza all’insulina migliora con:
- riduzione del peso di 5-6 kg se si è in soprappeso;
- adeguata riduzione dei carboidrati;
- preferenza di carboidrati a basso indice glicemico;
- aumento dell’attività fisica;
- aumento degli acidi grassi omega 3.
La riduzione parziale dei carboidrati e la sostituzione delle calorie da carboidrati con grassi monoinsaturi e polinsaturi prevengono il diabete e quindi i fenomeni di glicazione, in quanto abbassa i livelli di insulina.
Per evitare un aumento del totale delle calorie, i grassi mono e polinsaturi (per esempio, noci e semi di girasole) possono sostituire in parte carne e farinacei.
Gli alimenti più dannosi in termini di glicazione sono i carboidrati raffinati, poveri di fibre, di vitamine antiossidanti, di minerali, contenenti una alta percentuale di zuccheri ad alto indice glicemico, che determinano rapido aumento della glicemia e dell’insulina e rappresentano per tutti ma soprattutto per i sedentari un danno severo.