Enuresi Notturna Infantile (pipì a letto)
A cura del Dott. Mario De Gennaro. Urologo Pediatra. Roma
Molti bambini bagnano il letto durante il sonno: questa condizione si chiama enuresi notturna.
Il fenomeno è spesso sottovalutato dalla famiglia, ma andrebbe affrontato presto in quanto determina ansietà anche grave nel bambino e una serie di problemi ai genitori (non solo quelli pratici di lavare la biancheria, ma anche sonno interrotto e notti indaffarate).
Che cosa è l’Enuresi Notturna Infantile (pipì al letto)
L’enuresi notturna consiste in “ogni perdita involontaria di urina durante il sonno” in un’età superiore ai 5 anni.
Si tratta di una condizione frequente che può essere trattata.
La pipì a letto è un disturbo diffuso: circa il 5-10% dei bambini di 7 anni bagna regolarmente il letto e il problema può persistere fino all’adolescenza e talora addirittura l’età adulta.
QUALI SONO LE CAUSE
Nella maggior parte dei casi, la pipì a letto è causata da una eccessiva produzione di urina durante la notte (la cosiddetta poliuria notturna) o da una insufficiente capacità della vescica (come se fosse più piccola) e dalla difficoltà a svegliarsi dietro lo stimolo di vescica piena.
Quest’ultimo fenomeno aggrava la condizione, ed è proprio il problema da risolvere per arrivare alla guarigione dell’enuresi.
L’enuresi non è causata da disturbi psicologici, ma chi ne soffre può certamente svilupparne come conseguenza, soprattutto per quanto riguarda l’autostima, la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità.
Queste problematiche cessano in genere, una volta che l’enuresi è stata trattata con successo.
Solamente l’enuresi a esordio tardivo (secondaria) è associata ad un maggior rischio di problemi comportamentali, quale la Sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Gli eventuali problemi psicologici o comportamentali dovrebbero essere affrontati indipendentemente dai sintomi dell’enuresi.
La pipì a letto è indubbiamente un disturbo ereditario e in circa il 70% dei casi almeno un familiare ha o ha avuto lo stesso problema da piccolo.
Non è stato ancora identificato un gene specifico che la provoca, ma la ricerca si sta muovendo anche in questa direzione.
COME SI MANIFESTA
I bambini affetti da enuresi non riescono a svegliarsi di notte per fare la pipì, quando la loro vescica è piena.
Per molti anni si è creduto che il sonno di chi bagnava il letto fosse troppo profondo.
Da ricerche recenti è però emerso che chi soffre di enuresi ha un sonno di bassa qualità, con troppi risvegli incompleti, e durante la notte muove improvvisamente braccia e gambe, forse per tentare di svegliarsi.
Si tratta quindi di un problema di risveglio.
Quando la vescica è piena chiunque ha uno stimolo al risveglio, stimolo che è meno forte, o meno recepito, per il bambino enuretico.
Quando l’enuresi è l’unico sintomo e si manifesta solo durante il sonno è detta mono-sintomatica.
Spesso è associata a un’eccessiva produzione di urina durante la notte e/o ad un difetto di risveglio, ma non ci sono altri deficit fisici.
Invece, quando sono presenti sintomi vescicali durante il giorno si parla di enuresi non-monosintomatica.
Ci possono essere altri problemi, soprattutto legati alla vescica, che vanno trattati prima di affrontare l’enuresi notturna.
Un problema vescicale può dipendere da una incompleta o ritardata maturazione della vescica, che riesce a riempirsi meno di quanto ci si deve aspettare per l’età.
Tra i sintomi vescicali diurni:
- andare in bagno troppo di frequente, o troppe poche volte, o con grande urgenza;
- fare pipì di volume molto basso, bagnare le mutandine o addirittura bagnare gli indumenti.
L’enuresi è chiamata secondaria quando non è presente da sempre, ma compare in un secondo tempo, dopo almeno un anno in cui non si è mai bagnato il letto.
In questi casi va presa in seria considerazione una causa fisica o una sindrome psicologica, per cui vanno indagati altri sintomi in tal senso.
COME COMPORTARSI
È importante sapere che si può fare qualcosa per evitare di bagnare il letto e non limitarsi ad aspettare fiduciosi la risoluzione con la crescita.
Nessun bambino dovrebbe svegliarsi in un letto bagnato, quando ci sono soluzioni semplici che spesso migliorano o risolvono la situazione.
Molti genitori invece non sanno che queste soluzioni ci sono, e non sempre ne parlano con il pediatra, perché “bagnare il letto” ancora oggi non è un argomento di cui, per imbarazzo, si parla apertamente.
Deve essere ben chiarito che se un bambino bagna il letto non è colpa di nessuno: né del bambino né dei genitori.
Il ‘senso di colpa’ dei bambini, anche se non manifesto, contribuisce molto al senso di malessere e di imbarazzo che il bambino prova, con una conseguente perdita della stima di sé stessi ed insicurezze anche in altre attività.
A loro volta, i genitori possono sentirsi colpevoli e incapaci ad affrontare una situazione difficile e poco chiara.
Se c’è qualcosa di sbagliato, quindi, è rinunciare o attendere senza agire, magari facendosi prendere dal nervosismo, con reazioni negative nei confronti del bambino.
La prima terapia sta nella consapevolezza e ottimismo da dare al bambino.
Questo vuol dire aiutarlo a non sentirsi solo, spiegargli che ci sono altri bambini nella sua scuola, e forse nella sua classe con lo stesso problema e aiutarlo così a combattere un naturale ma pericoloso senso di colpa.
Una completa e corretta spiegazione quindi rimuove la vergogna e il senso di colpa, coinvolge il bambino e lo motiva ad affrontare la cura.
Una volta verificato che il bambino vuole affrontare il problema, si può iniziare il trattamento, innanzi tutto con una visita pediatrica che escluda altre patologie.
COME SI FA LA DIAGNOSI
È bene che, prima di affrontare ogni trattamento, ci sia una visita dal pediatra curante.
Infatti, sebbene la stragrande maggioranza dei bambini che soffrono di enuresi notturna, non hanno malattie che la possono causare, è bene comunque escluderle.
Il pediatra curante, quindi, con una semplice visita esclude che ci siano le rarissime malattie del sistema nervoso che controlla il funzionamento della vescica o disfunzioni anatomiche del tratto urinario.
Per far questo, ispezionerà i genitali, il tono dei muscoli, la regione cutanea del sacro.
Inoltre, con semplici esami delle urine e del sangue si escludono infezioni urinarie e il diabete giovanile.
Il pediatra indagherà anche se è presente incontinenza urinaria di giorno, o necessità urgente di urinare o abitudine a rimandare, e inoltre se si accompagna a incontinenza fecale oppure a stipsi.
Queste problematiche, ed eventuali infezioni urinarie, vanno trattati prima di affrontare l’enuresi.
Un aspetto troppo sottovalutato e invece molto importante è che molti bambini con enuresi hanno una importante stitichezza, ma i genitori non lo sanno.
Da una parte, dopo i primi anni di vita non si controlla se il bambino svuota regolarmente l’intestino.
D’altro canto sono numerosi i bambini che soffrono di stitichezza, spesso per via di cattive abitudini alimentari e di abitudini di vita trascurate.
Ma nel bambino che bagna il letto e ha magari anche sintomi vescicali di giorno, avere un intestino regolare è fondamentale, perché un intestino pieno diminuisce la capacità della vescica, come togliendole spazio.
È stato dimostrato che regolarizzare l’intestino è il primo passo nel trattamento del bambino enuretico, e che talvolta è sufficiente per avere miglioramento o addirittura guarigione dell’enuresi.
Se non ci sono sospetti problemi anatomici e ci si trova davanti a una semplice e frequente enuresi notturna, non sono necessarie né opportune indagini urologiche invasive, e neanche non invasive quali l’ecografia.
Quest’ultima, insieme a esami di urodinamica non invasivi sono riservati ai casi di enuresi che si associano a gravi sintomi vescicali durante il giorno e che non scompaiono con la terapia di base comportamentale ed educazionale (uroterapia).
Gli esami urodinamici non invasivi consistono in una semplice osservazione della minzione in un vasetto (uroflussimetria), nella misurazione con ecografia del residuo, cioè di eventuale urina rimasta in vescica dopo la minzione, e in alcuni casi, in una ecografia della vescica e dei reni.
Per capire se l’enuresi dipende prevalentemente dal problema di risveglio o dalla sovrapproduzione di urine notturne, oppure se c’è un problema di vescica, ci sono semplici test che verranno chiesti alla famiglia dal pediatra curante ovvero dallo specialista dell’enuresi.
Verrà quindi richiesto un diario minzionale nel quale annotare l’orario e il volume massimo delle minzioni, per 2 o 3 giorni consecutivi (in genere si consiglia il week-end).
Confrontando i volumi annotati con i valori normali in millilitri per quell’età (che si ottengono moltiplicando per tre gli anni del bambino e aggiungendo 30) si capisce se il bambino soffre di una riduzione della capacità della vescica urinaria.
Il diario permette anche di valutare se c’è un eccessivo, o troppo raro, numero di minzioni al giorno, tenendo presente che normale per un bambino è tra 4 e 7 pipì al giorno, per cui 8 è troppo e 3 è troppo poco.
Per capire se il bambino soffre di poliuria notturna basterà annotare i volumi delle minzioni notturne.
Questo si ottiene misurando il peso del pannolino la sera prima del sonno e la mattina seguente al risveglio.
La differenza nel peso dei pannolini aggiunto al volume della prima minzione mattutina rappresenta il volume totale di urina prodotta nella notte.
A questo punto lo specialista potrà confrontare il risultato con i normali valori di riferimento della poliuria notturna accettati a livello internazionale.
COME SI CURA
I primi presidi di cura sono il trattamento comportamentale e di sostegno al bambino, e le buone abitudini di bere al mattino, evitare bevande gassate e caffeina il pomeriggio e mantenere regolare lo svuotamento intestinale.
A seguire, le cure sono sostanzialmente due, per l’enuresi monosintomatica: l’allarme notturno e un farmaco che riduce la produzione di urine la notte (anti-diuretico).
Il primo serve a facilitare il risveglio quando la vescica è piena, consentendo al bambino di andare a svuotarla in bagno; il farmaco si chiama desmopressina, derivato sintetico della vasopressina che non ha alcun effetto sulla pressione e sulla circolazione del sangue. Se l’enuresi è “non-monosintomatica”, cioè ci sono sintomi vescicali di giorno, può essere necessario associare al farmaco antidiuretico farmaci diversi se la vescica si comporta come se fosse più piccola o con eccessivo stimolo anche a basso riempimento (vescica iperattiva).
Se possibile, si può ricorrere a sedute di fisioterapia per la vescica (uroterapia) allo scopo di insegnare come si controllano gli stimoli e come si rilassano i muscoli per una minzione completa.
La medicina per l’enuresi notturna è più efficace quando il bambino produce troppa urina di notte, e funziona riducendo appunto le urine prodotte la notte, per mezzo di un farmaco simile alla sostanza (che si chiama vasopressina) che in tutte le persone ha funzione antidiuretica, cioè di frenare la produzione di urine da parte dei reni di notte, proprio per consentire a tutti un sonno prolungato.
Complessi studi hanno dimostrato che i bambini con enuresi, probabilmente per un fattore genetico, hanno una produzione alterata di questa sostanza antidiuretica.
Quindi, somministrando per bocca un farmaco simile a questa sostanza naturale, in molti casi si ottiene la riduzione della produzione notturna di urine e il bambino arriva fino al mattino senza bagnare il letto.
I farmaci, invece, per la vescica iperattiva funzionano diminuendo lo stimolo ad urinare quando la vescica non è ancora completamente piena: in tal modo si diminuisce l’impulso a urinare d’urgenza, con la conseguenza di bagnare le mutandine perché non si fa in tempo ad arrivare al bagno.
Nel bambino con enuresi, come in tutte le persone, la sensazione di vescica piena dovrebbe svegliarlo per andare al bagno.
Ma questo non accade per una difficoltà del cervello a ricevere durante il sonno lo stimolo di risveglio quando la vescica è piena.
L’allarme notturno funziona mettendo un sensore sugli indumenti intimi, che stimola un allarme con un forte suono nel momento in cui escono le prime gocce di urina.
Il suono dell’allarme sveglia il bambino che può andare così al bagno a urinare.
Il cervello del bambino enuretico inizia ad associare il suono dell’allarme con la sensazione di vescica piena e lentamente, con il tempo, la sensazione di vescica piena inizia a funzionare come l’allarme, per cui il bambino si sveglia in tempo e va in bagno rapidamente a svuotare la vescica senza bagnare il letto.
L’allarme produce quindi un vero e proprio allenamento del cervello a rispondere al segnale di vescica piena durante il sonno usando il principio del condizionamento
Un elemento chiave per il successo con l’allarme è la motivazione: il bambino deve aver ben capito che svegliarsi al suono dell’allarme lo aiuterà a risolvere il problema.
Anche i genitori e tutta la famiglia devono essere convinti e collaborare per poter ottenere risultati validi.
Tutte le cure, anche semplicemente quella comportamentale ed educazionale, hanno il vantaggio di far sentire al bambino che qualcuno si sta occupando di lui.
Se si sceglie la cura più adatta al tipo di enuresi, un miglioramento in linea di massima si ottiene, e nella metà circa dei casi il bambino smette di bagnare il letto.
Va ben chiarito che ci sono insuccessi, periodi lunghi di trattamento e possibilità di ricadute.
In particolare, per l’enuresi monosintomatica, l’allarme notturno se ben utilizzato è efficace in due bambini su tre.
Con le medicine (desmopressina) si ha una risposta totale con nessuna notte bagnata in 3 bambini su 10, una risposta parziale con miglioramento in altri 4 bambini su 10, mentre 3 su 10 non rispondono affatto.
QUANDO INIZIARE LA CURA
Non c’è una regola precisa per decidere quando iniziare il trattamento dell’enuresi.
Ma si è stabilita un’età approssimativa di 6 anni a cui si considera che, se è presente, l’enuresi notturna va trattata. In effetti, l’età a cui si comincia la scuola è delicata, e il bambino va sostenuto soprattutto se c’è incontinenza urinaria anche di giorno.
Anche prima dei 5 anni può essere opportuno affrontare l’enuresi, cercando di capire come vanno le cose di giorno, mettendo in atto un corretto svezzamento dal pannolino e le buone abitudini per la vescica, comportamentali e alimentari.
È stato calcolato che mediamente lo svezzamento dal pannolino avviene nelle femmine tra 1,5 e 2,5 anni e nel maschietto a 2,5-3,5 anni.
Quindi un bambino che a 4-5 anni ancora bagna il letto va in qualche modo tenuto d’occhio, soprattutto se c’è una familiarità (genitore, zio, cuginetto) per enuresi.
A quest’età è già possibile insegnare buone abitudini per la vescica, l’intestino e l’apporto di liquidi.
Per iniziare un percorso di cura, ma anche di diagnosi, è necessario che ci sia una motivazione di voler risolvere il problema, o perlomeno che dia segnali in tal senso, quali domande sulla propria condizione e/o fastidio per il pannolino notturno.
Certamente il trattamento vero e proprio va iniziato quando si nota che il bambino inizia a soffrire della situazione, manifestando scarsa stima di sé e vergogna per non potere dormire fuori di casa a causa dell’enuresi.
Si manifesta in genere anche una certa insofferenza dei genitori, per dover lavare indumenti e lenzuola e per il costo dei pannolini.
Quanto prima i genitori e il bambino sono pronti ad iniziare il trattamento, quanto più presto ci si libererà del problema.
QUALI OBBIETTIVI POSSIAMO RAGGIUNGERE
Il vero grande obbiettivo nei confronti di un bambino che bagna il letto è quello di vedere un bambino felice, che può sperimentare la gioia di dormire a lungo ed asciutto e di passare notti fuori casa, da un amichetto, da familiari, in albergo, senza timore e vergogna di bagnare il letto.
Non è trascurabile poi risparmiare il gran lavoro che comporta questo problema in casa, di attenzione e di biancheria da lavare nonché la non trascurabile spesa per le protezioni e i pannolini.
Si tratta poi di riconquistare la possibilità di un sonno migliore per tutta la famiglia.
Un obbiettivo secondario, ma importante dal punto di vista dell’educazione, che si ottiene durante il trattamento dell’enuresi, è quello di poter insegnare al proprio figlio che è in grado di essere responsabile, di saper contribuire al proprio benessere e di risolvere i propri problemi.